Casali scomparsi

Come in tutto il Cilento antico, numerosi sono i casali scomparsi di cui si conservano solo tracce nei toponimi o nel ricordo.
Nell'attuale territorio del comune di Perdifumo si trovava Ancilladei, da ubicarsi presumibilmente in località Lacinque, a nord di Camella, è documentato per la prima volta nel 1008, nell’ambito del gastaldato di Lucania ed il suo territorio era confinante con la concessione dei Musiricle. Fu sede, unitamente ai limitrofi villaggi di Camella e Pagliara, della più antica contea longobarda di cui si ha notizia in territorio cilentano. Dopo 1033 non si hanno più notizie di questa contea, ma sappiamo che il territorio ed il villaggio di Ancilladei nel 1056 rientravano sicuramente nell’Actus Cilenti.
Diversi documenti attestano successive compravendite, liti confinarie, passaggi e cessioni di immobili nell’ambito delle terre del villaggio, ma di questo manca ogni notizia oltre il 1167, scomparso verosimilmente già verso la fine del XII secolo. 
Musiricle era la denominazione, con riferimento ad una locale famiglia fedele ai príncipi di Salerno, di un comprensorio di terre di proprietà del Sacro Palazzo, ubicate a nord-est di Camella e confinanti con lo scomparso casale di Ancilladei. 
Con gli abitanti di quest’ultimo villaggio nel 1038, ad un solo anno dalla concessione, sorsero delle questioni di confine, risolte dall’intervento del gastaldo Giacinto. Col tempo nel possesso consortile, che meglio va definito col termine medioevale di socia, si formò, nonostante il distacco di alcuni eredi dei primi concessionari, che venderono le loro quote al monastero di S. Arcangelo, un nucleo abitato. Questo, che si denominò Musiricle dalla comune cognominazione dei suoi abitanti, non ebbe però lunga vita, giacché i documenti lo ricordano fino al 1185, quando il territorio rientrava nella Baronia di Cilento, poi non se ne ha più notizia, scomparso probabilmente prima della fine del XII secolo. 
In una località, intermedia tra Vatolla e Castellabate, sorgeva invece il borgo diNoce, Qui Domenico Ventimiglia nella sua opera del 1827 riferisce che furono rinvenuti ai suoi tempi "antichi sepolcri" ed "altri avanzi di antichità". 
La prima notizia relativa al borgo è del 1073, quando il principe di Salerno Gisulfo II, nel trasferire sotto la giurisdizione della Badia di Cava una serie di chiese e monasteri cilentani, affidò a questa anche la chiesa di S. Salvatore di Noce. Nel luogo doveva già allora esistere il borgo, che con il suo territorio apparteneva alla famiglia dei conti longobardi Russo. 
Nel 1307 il borgo esisteva ancora giacché in quell’anno fu fatto l’esatto rilevamento del perimetro confinario delle sue terre, ma le distruzioni operate dalla guerra del Vespro in quel settore del territorio cilentano, rimasto per 13 anni sulla linea degli scontri fra Aragonesi attestati a Castellabate ed Angioini fortificati ad Agropoli, determinò la crisi e la successiva scomparsa dell’abitato, di cui non si hanno ulteriori notizie. La sua chiesa esisteva ancora nel 1362, ma il suo territorio era ridotto a feudo rustico, che la Regia Corte mise in vendita dopo la ribellione di Ferrante Sanseverino (1552). Ne acquistò nel 1553 una quarta parte la famiglia Altomare, che prima del 1670 entrò in possesso dell’intero feudo. Dopo tale anno del territorio di Noce, aggregato geograficamente a quello di Perdifumo, non vi è particolare cenno nei documenti. 
Lo scomparso villaggio di Pagliara (Palearea, nelle fonti più antiche), da ubicarsi nella omonima località tra Vatolla e Camella, è attestato per la prima volta nel 1031 nell’ambito del gastaldato di Lucania, allorché costituiva insieme ai limitrofi villaggi di Camella ed Ancilladei, un’unica contea. 
Entrato, presumibilmente già nel 1034, a far parte del nuovo distretto dell’Actus Cilenti, Pagliara registrò a partire dal 1142 molti passaggi di proprietà dei suoi terreni in favore del monastero di S. Arcangelo e, comunque, fino al 1238 sono documentati una serie di rapporti fra i suoi abitanti e la Badia di Cava, che dal 1073 ebbe la più completa giurisdizione su S. Arcangelo.
Nel villaggio vi era una chiesa di S. Nicola, documentata dal 1391, che nel 1445 fu concessa all’arciprete di Rocca; di essa, come ricorda G. N. Del Mercato nel suo inedito manoscritto, a metà del XVII secolo sussistevano ancora i muri perimetrali, mentre del resto delle abitazioni era scomparsa ogni traccia. 
Lo scomparso convento di S. Michele Arcangelo, documentato per la prima volta nel 1008, era ubicato a sud-ovest dell’attuale Perdifumo, nella località ancora contraddistinta dal toponimo S. Arcangelo e da notevoli resti dell’antico complesso monastico. 
Nelle immediate adiacenze del convento esisteva l’omonimo insediamento di S. Arcangelo, costituito dalle abitazioni dei vassalli dipendenti dal monastero stesso e del quale abbiamo la prima ed unica notizia nel 1015. Questo insediamento nel corso dell’XI secolo incominciò progressivamente ad essere abbandonato dai suoi abitanti, che trasferirono la loro residenza più a valle, formandovi il centro, appunto, di Perdifumo, di cui abbiamo la prima testimonianza nel 1093, quando il convento era passato già da un ventennio alle dipendenze della Badia di Cava. 
L’attività dei monaci di S. Arcangelo si protrasse per diversi secoli, prima sotto la direzione di propri abati, poi dei priori che ressero il monastero dopo il trasferimento alla Badia. 
Il convento rimase in piena efficienza fino ai princípi del XVII secolo, poi iniziò una rapidissima decadenza, neppure interrotta dall’erezione dell’edificio a sede del vicario dell’abbazia cavense, che aveva giurisdizione spirituale su quei centri del Cilento che ancora da quella dipendevano. Tale sede fu infatti trasferita verso la metà dello stesso secolo a Perdifumo, conservando però il titolo di S. Arcangelo. Nel convento rimase ancora a lungo in funzione la chiesa, poi anch’essa fu chiusa al culto verso la fine del XVIII secolo e la suppellettile sacra fu trasferita nella chiesa parrocchiale di Perdifumo. 

Testi tratti da: 
P. Cantalupo e A. La Greca (a cura di), Storia delle Terre del Cilento Antico, Acciaroli, CPC, 1989.
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